Paolo Civera e i Trekking di Alpinismo Giovanile

 

intervista di Osvaldo Segale in occasione della serata 

CAI Conegliano "Montagne nel Mondo - Avventure in Rilievo" del 30 aprile 2004

 

Lei, Civera, è Presidente della Scuola di Alpinismo e Scialpinismo del CAI in Provincia di Sondrio, nonché Accompagnatore di Alpinismo Giovanile. Quale e quanta responsabilità deve assumersi una persona come lei nel portare avanti incarichi di questo tipo?

Quello di Presidente oserei dire che è quasi un incarico formale perché in realtà colui che coordina gli aspetti tecnici è il Direttore della Scuola. Il mio, più che altro, è un titolo onorifico in quanto sono stato il fondatore della Scuola. Invece è molto importante la dedizione  che riesco ad avere verso l'Alpinismo Giovanile perché sono convinto che le future leve del CAI possano venire da queste file. Il CAI, generalmente, sta invecchiando (io lo vedo nella nostra sezione, ma non solo), quindi spero proprio che dall'Alpinismo Giovanile possa, in futuro, arrivare un ricambio. Magari ci potranno essere dei momenti di blackout, però se si è seminato bene sono altrettanto convinto che molti ragazzi torneranno e daranno un valido contributo alla vita associativa. Inoltre se hanno fatto delle belle esperienze, vorranno sicuramente trasferirle a qualcun altro. Questa, a mio avviso, dovrebbe essere la continuità ma oggi, per rispondere alla sua domanda, siamo noi che dobbiamo assumere questo compito ed anche questa responsabilità.

Il prossimo 30 luglio, lei assieme ad un gruppo di giovani, si recherà al campo base del K2 per celebrare i 50 anni della prima scalata a questa mitica montagna. Con che spirito ha accolto questa proposta fattale dalla sezione CAI di Morbegno?

Visto che per questa ricorrenza si stavano organizzando diverse manifestazioni escludendo però l'Alpinismo Giovanile, si è pensato a qualcosa di stimolante che coinvolgesse anche questo settore. Purtroppo, ancor oggi, molti ragazzi sanno ben poco del K2 e della sua storia, per cui il fatto di portarli a vedere ed a conoscere questi luoghi e, soprattutto, la possibilità di raccontare loro quella che è stata la storia di questo straordinario evento (partendo già dal 1909 allorquando il Duca Amedeo d'Aosta fece la prima spedizione ed il primo grosso tentativo alla vetta), ci è parsa una iniziativa valida, molto interessante e culturalmente utile.

Qual è il momento più eccitante di una spedizione? La preparazione, la partenza, l'arrivo in loco o il ritorno felice a casa?

Secondo me ciascuno di questi momenti ha il suo fascino. Una cosa che mi gratifica molto è vedere la contentezza degli altri che hanno partecipato ad un'esperienza vissuta insieme e che li ha arricchiti interiormente. La preparazione ha senz'altro il suo fascino ed è certamente eccitante, però molte volte può essere anche una "seccatura".

In che senso?

Nel senso che soprattutto andando via con un gruppo di giovani, come mi è capitano di fare altre volte, la preparazione implica un impegno più faticoso e molto più lungo rispetto a quando si va da soli o con pochissime persone. Inoltre c'è il fattore responsabilità che però, in parte, deve essere assunto anche dalle famiglie.

Che cosa può dire relativamente alla spedizione sulla Cordillera di Huayhuash realizzata nel 2002?

Io l'ho chiamata spedizione di Alpinismo Giovanile per darle un po' di tono, ma soprattutto perché, in realtà, ricalca  tutte le caratteristiche di una spedizione vera e propria. Perciò: spostamento quotidiano, montare e smontare i campi e quindi vivere, come abbiamo vissuto, a contatto con la natura per 15 giorni consecutivi. E ovviamente non dimentichiamo la necessità di acclimatamento alla quota. Oltre a questi aspetti turistico sportivi, abbiamo voluto, anche in questa specifica esperienza, introdurre la conoscenza della letteratura di montagna. Questo perché io credo fermamente che dal punto di vista culturale tale conoscenza possa essere affiancata a quella classica. Ci sono parecchi libri scritti bene e molto interessanti che meritano di essere letti e valorizzati e che possono sicuramente stimolare i giovani ad ampliare le proprie conoscenze.

Ogni qualvolta ritorna da una spedizione quali sono le sue riflessioni?

In genere, le mie riflessioni riguardano il fattore organizzativo ed il fattore umano. Solitamente mi pongo la seguente domanda: "Ha dato qualcosa alla gente che vi ha partecipato?". Genralmente la risposta è affermativa perché soprattutto con i ragazzi ho avuto modo di vedere dei momenti di crescita. Nello spazio di un mese hanno infatti provato un'esperienza che per altri versi richiederebbe un anno intero di interiorizzazione. E per me questo è molto importante.