Anno Internazionale delle Montagne

di Christian Rui

Editoriale "Montagna Insieme" n.34 - Primavera 2002

Per gli amanti della Montagna e per quelli che come me, essendoci nati, la vivono quasi con una partecipazione carnale, è l'occasione per ammirarne ancor di più l'innata e poliedrica bellezza e fragilità, concetti molto spesso necessari l'uno all'altro. La mia riflessione ha radice nella lettura del documento di presentazione pubblicato dalle Nazioni Unite a proposito del corrente "Anno Internazionale delle Montagne" e riguarda principalmente il rapporto molto spesso conflittuale fra la "ragion di stato", ovvero la volontà di progresso e di ricchezza delle popolazioni montane e la "ragion di natura" che risulta quasi sempre sconfitta dal confronto con la prima. La possibilità del cosiddetto "sviluppo sostenibile" dipende in gran parte dalla capacità degli amministratori di cogliere la peculiarità di ogni territorio montano e di governare, proteggendolo, il suo complicato ecosistema fatto di roccia, acqua, piante, animali e uomini. Ciò non vuol dire escludere quest’ultimi, ma far sì che le loro azioni siano positive per mantenere l'equilibrio degli elementi. E' in questo che si innesta il ruolo trasversale di noi amanti della montagna, che consiste nel diffondere la nostra conoscenza acquisita con il contatto prolungato con essa e il rispetto per la sua fragilità. Dobbiamo insomma dare prova di civiltà affinchè sia d'esempio a tutti. Se sapremo dimostrarci all'altezza sarà già una notevole lezione per chi gestisce affaristicamente o con incuria un bene così prezioso quale la montagna, provocando danni a tutto il territorio. A tal proposito ricordo che nella totalità dei casi le tragedie provocate dalle piene fluviali nelle zone pedemontane sono frutto della cattiva gestione del territorio a monte!
Ognuno deve capacitarsi del fatto che sono necessarie politiche di salvaguardia del territorio montano con azioni dirette; dovrebbe inoltre comprendere che investire il denaro pubblico, ahimè sempre carente, per dirigere tali interventi ed amplificarli, migliora lo stato generale dell'ecosistema.
Con questa frase si sintetizza al meglio il contenuto di tutto il documento, il quale, credo, stia già dando i suoi frutti, dopo anni di discorsi sterili, leggi dello Stato improduttive e grandi teorie intorno alla montagna. Sembra infatti che la mentalità di chi conta si sia rivolta a perseguire traguardi concreti ed attuabili ed è significativo che sia proprio Enrico Borghi presidente UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) in un'intervista tratta dalla Rivista Europea di Turismo Indipendente (www.Abcamp.it) ad auspicare "la riforma della legge sulla montagna, che deve passare da mozione di principio a norma stringente... per tutti i livelli di governo” ed “il raggiungimento dell' "obiettivo montagna" lanciato dall'Uncem che dovrà dare dopo il 2006 il segno dell'attenzione dell'Unione Europea alle "terre alte"".
Egli poi enuncia anche i capisaldi dell'azione attraverso cui realizzare il rilancio delle nostre zone montane: "La montagna italiana non ha bisogno delle elemosine del principe di turno, ma di un progetto che consenta di mettere a frutto le proprie risorse. Un progetto articolato su quattro capisaldi: valorizzazione dei prodotti montani"," previsione di controvalori specifici per il rilascio di risorse autoctone della montagna (pensiamo all'acqua, ad esempio), istituzione di forme di compensazione che prevedano la possibilità di prelevare a favore della montagna percentuali sui frutti delle infrastrutture che ne utilizzano il territorio (autostrade, grandi impianti industriali, scali ferroviari, ecc.), vincolo annuale di una quota di risorse a favore del riassetto idrogeologico. E sul rilancio economico-produttivo occorrerà innestare il tema della nuova identità montanara nel mondo che cambia". Aggiungo solo che tale modello di sviluppo porterà al riequilibrio dei ruoli tra montagna e pianura, poiché negli anni scorsi troppo spesso la prima ha pagato il prezzo salato dello sviluppo economico della seconda (sfruttamento capillare delle risorse idriche e minerarie, spopolamento, basso livello dei servizi) non godendone i benefici.