"La radura"

 

Racconto di Giorgio Madinelli - CAI Conegliano 2004

 

 

Si fermò sul bordo del bosco a spiare la radura: dio non c’era.

 

Immobile l’ondulato tappeto di mirtilli e rododendri lasciava scintillare attardate gocce di rugiada, mentre quelle già vaporizzate dai raggi del mattino sostavano a mezz’altezza come diafano velo luminescente.

Palcoscenico perfetto per il primo pascolo del timido capriolo, che avanza lento tra la bruma brucando capolini di genzianella. Quando alza il capo orienta le orecchie a scatto in ogni direzione e arriccia il naso per carpire odori d’allarme. La sua pelle bruna ha leggeri fremiti mentre il sole la riscalda e sugge impercettibili volute di vapori. Esso è il dio del mattino, se ne può immaginare la presenza, ma oggi qui non c’è.

Gli alti pecci sagomavano tra le fronde fasci obliqui di luce, canne dorate di un organo muto intonanti il maestoso silenzio della selva.

Nella volta di cielo di quel tempio si sarebbe potuto udire il fruscio dell’aria tra le penne della maestosa aquila sorvolante. Senza sforzo posa le sue ali sulla colonna d’aria e compie pigri cerchi apparentemente apatica. Ma il suo occhio vede e valuta ogni movimento: essa è l’occhio di dio.

Peccato che oggi sia altrove.

Il silenzio proseguiva la sua struggente sinfonia trattenendo il pensiero sulle sue note in un attimo infinito di apnea cerebrale dolce e sorprendente.

Poteva essere spezzato, distrutto dal fischio improvviso e lancinante della marmotta.

Ecco che compare tra i cespugli di mirtillo il simpatico muso, ritta su due zampe pronta a lanciarsi verso l’imbocco della tana. Essa è il dio della terra che oggi tarda ad uscire dalle sue labirintiche stanze ipogee.

L’oscuro perimetro della radura, reso imperscrutabile dall’ombra delle chiome, poteva celare altri occhi inquieti prudenti e circospetti.

Forse l’orso era li e i loro sguardi non si potevano incontrare. Gli odori però passano radenti le erbe, danzano con gli sbuffi d’aria calda rilasciata dal suolo e si spandono a tradire presenze. Il dio della foresta, dorso possente di ispidi peli,  cautamente aveva lasciato il bordo della radura e nella profondità dei boschi caracollava indifferente.

Un bianco masso dalla faccia liscia sovrastava appena la superficie dei rododendri creando un’isola flagellata da marosi di ferruginose foglie schiumanti grappoli di calici vermigli.

Luogo ideale per la vipera dal corno che scioglie al primo sole il torpore notturno. Immobile ora, scenderà dal suo pulpito più tardi per tendere silenziosi agguati a ignare prede. Essa è il dio del pomeriggio ma oggi le sue nere e sinuose losanghe non ornano il bianco masso.

 

Smise di scrutare la disoccupata radura e con pochi passi varcò il confine del bosco, s’inoltrò tra i cespugli di rododendri e mirtilli puntando verso il centro. Il calore del sole lo pervase di un brivido di piacere. Si fermò dopo pochi passi, alzò lo sguardo al cielo e poi si volse verso il punto da dove era venuto.

E, improvvisamente, dio era nella radura.

 

Per conoscere l'autore

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