La chiesetta al Vazzoler compie 50 anni

 

di Tomaso Pizzorni - CAI Conegliano

 

Tratto da "Le Alpi Venete" - Primavera-Estate 2008

 

Devo comunicarle una grave disgrazia successa ieri 29 alle 11 e mezzo: è caduto dal Bocia1 il figlio di Carestiato, rimasto morto sul colpo… ieri sera e stanotte eravamo, tra borghesi e alpini, 25 persone ad essere senza vino e senza viveri”. È questo lo scarno, ma drammatico messaggio inserito – tra le altre informazioni – nella lettera che il 30 agosto 1943, la gerente del Rifugio Vazzoler invia alPresidente della Sezione di Conegliano. È il caso di dire che alla disgrazia si aggiungono i problemi di quel doloroso periodo storico, tra i quali la mancanza di rifornimenti alimentari ottenibili – ma non sempre – solo con la ”tessera annonaria” o… a borsa nera. Dal tragico evento trae origine l’iniziativa della famiglia Carestiato di realizzare una chiesetta a ricordo del ventunenne alpinista. Di questo si parla espressamente nella lettera che Girolamo Dal Vera (facente funzione di presidente sezionale) invia il 19 ottobre ’43 alla famiglia Carestiato, comunicando la massima disponibilità e collaborazione per la riuscita dell’iniziativa. Anche G. Favretti, proprietario dei terreni circostanti il rifugio, si associa (lettera del 05.11.43 a G. Dal Vera) così concludendo: “…nella speranza che abbiano presto a cessare le nostre piccole tragedie, nella grande tragedia della guerra e delle sue conseguenze, cordialmente vi saluto.” L’iniziativa trova ampi consensi nell’ambiente del Club Alpino agordino e coneglianese anche perché, già in passato, era stata prospettata l’edificazione di un’opera devozionale accanto al Rif. Vazzoler.

Con la lettera del 29.11.43 G. Dal Vera scrive tra l’altro “…volevo anzi dirvi che se non avete chi vi fa il progettino avrei modo di affidarlo all’ing. Carpenè che ha fatto il rifugio”. Della proposta è fatta menzione nel trafiletto di un giornale di cui non sono note testata e data, che riporta anche un lungo elenco di sottoscrizioni di somme (variabili dalle 50 alle 5000 lire) messe a disposizione da amici, familiari e aziende per la realizzazione della chiesetta.

Nel frattempo, mentre in Europa e negli altri continenti infuria il terrificante conflitto e si perpretano barbarie di ogni sorta, l’Italia è divisa, occupata e/o invasa, bombardata, rastrellata e via di seguito con deportazioni e soprusi, la Sezione di Conegliano incarica il socio Bernardo Carpenè di elaborare un progetto per una chiesetta alpina. Evidentemente la tragica realtà del momento non ferma chi, con fiduciosa lungimiranza, crede in un avvenire di pace e non è dimentico dei valori dello spirito. Nella lettera che Dal Vera invia il 30.03.44 ad Andrich, al momento responsabile bellunese dei rifornimenti, si accenna sì al prezzo del vino (lire 12 al litro a Susegana) ed ai problemi di trasporto, ma si fa anche menzione del fatto che il tecnico sta lavorando al progetto. Difatti nel suo promemoria del 10.04.44 scrive di “ritenere più pratica la erezione di un sacello che contenga l’altare e che sia ben aperto ed alquanto sopraelevato sull’antistante spianata destinata a contenere i devoti”. Al promemoria è allegato lo schizzo di un piccolo campanile a coronamento del sacello. Degli sviluppi dell’iniziativa si riferisce poi nella lettera del 09.05.44 che Dal Vera indirizza a Favretti,evidentemente autorevole componente del “Comitato”.

Frattanto, siamo nel mese di giugno, il Comando germanico di Belluno “dispone che nella stagione estiva 1944 i rifugi alpini della Provincia non devono essere aperti, fatta eccezione per quelli occupati o da occupare dalle FF. AA. germaniche.” Nella comunicazione è fatto esplicito riferimento ai rifugi della Sezione,cioè al Vazzoler e al Torrani. Altro che progetti edificatori!

Terminato il conflitto, anche i coneglianesi devono pensare alla ricostruzione, non solo materiale. Nel decennio postbellico(1945/1955) non ci sono tracce di interventi sull’argomento “chiesetta”; nel frattempo però, cioè negli anni ’47/49,viene costruito ai piedi della Moiazza un rifugio, intitolato dalla Sezione Agordina a Bruto Carestiato. Questo spiega forse il calo di interesse per la chiesetta inizialmente da dedicare al giovane caduto? È solo nel 1956 che la Sezione di Conegliano, pur impegnata in altre importanti opere alpine (quali l’ampliamento del Vazzoler e l’allacciamento di questo alla rete telefonica nazionale) può rispolverare  il progetto Carpenè. Viene quindi costituito in città un Comitato esecutivo pro erigenda chiesetta da dedicare alla Madonna della Neve, a ricordo degli alpinisti caduti in Civetta. L’iniziativa viene presentata anche da “Le Alpi Venete” (num. 2 1956) con la richiesta di collaborazione ai fini della ricerca di nominativi di alpinisti caduti in Civetta e Moiazza. Per il finanziamento dell’opera la Sezione intraprende iniziative atte a cointeressare il maggior numero di persone. Un primo consistente aiuto perviene dall’Opera Nazionale Chiesette Alpine e dal suo Presidente. Vengono stampate e distribuite apposite cartoline (a madre e figlia con la riproduzione del progetto) per la raccolta di offerte, specie attraverso le consorelle Sezioni CAI. Buona la risposta da parte di alcune banche e aziende locali, da familiari dei caduti, da soci CAI che inviano contributi anche di rilievo.

 

Molto accurate e capillari sono le ricerche dei nomi e delle provenienze dei caduti da ricordare. Vengono interpellati i Comuni di Agordo, Alleghe, Cencenighe, Taibon Agordino e Zoldo Alto, competenti per le zone ove possono essersi verificati decessi per incidenti nel Gruppo della Civetta. Analoghe ricerche riguardano le principali associazioni alpinistiche europee e cioè: Fédération Française de la Montagne e Club Alpin Français di Parigi, Osterreichischer Alpenclub diVienna e Osterreichischer Alpenverein di Innsbruck, Schweizer Alpen Club di Basel, Deutscher Alpenverein di München, Koninklijke Nederlandse-Alpen-Vereniging di Amsterdam. Lettere di risposta, compiacimento ed auguri sono inviati dalle associazioni predette. Il C.A.S. (Svizzera) suggerisce di ricordare anche i “senza nome”. Non c’è però traccia di contributi, anche se richiesti. Così pure sono interessati il CAI Centrale e le Sezioni italiane.

Degna di nota la corrispondenza intercorsa con alcune famiglie di caduti: Carestiato, De Gasperi, Capuis, Valli, Contini, Volk, Heckmann, Maduschka, Schafhauser, Bianchetti, Grandori. Dalle ricerche è possibile compilare un elenco di alpinisti i cui nomi saranno incisi nella targa da murare all’interno della futura chiesetta. Metà dei nomi sonoitaliani, gli altri tedeschi, uno austriaco. L’elenco è aperto da Giuseppe de Gasperi di Udine (caduto nel 1907), il cui nome è stato dato anche al “Giazzer”, ghiacciaio nell’alta Val dei Cantoni ora scomparso. La lapide riporta, oltre ai 19 nomi, la seguente dedica: “In questo sacello la Sezione di Conegliano e del CAI ricorda gli alpinisti caduti sul Gruppo della Civetta”.

La benedizione-inaugurazione, inizialmente fissata per fine agosto 1957, viene spostata all’anno seguente causa le sfavorevoli condizioni meteorologiche che impediscono l’ultimazione dei lavori nei tempi programmati.

Dal Vaticano Papa Pio XII fa pervenire, con l’apostolica benedizione, il quadro raffigurante la Madonna della Neve, da collocare sopra l’altarino. La cerimonia ufficiale avviene domenica 31 agosto 1958, alla presenza di una folla di alpinisti, escursionisti, guide alpine, accademici, autorità varie, familiari di caduti. Celebra mons. Sartor, parroco del duomo di Conegliano. Madrina della cerimonia è la sorella di Carlo Valli di Como, caduto nel ‘45sulla Solleder-Lettenbauer, con Grandori di Sondrio. Partecipano numerose Sezioni; alcune (Agordo, Treviso, Valmadrera, Calolziocorte, Conegliano) con il proprio gagliardetto. Presidente della Sezione è Italo Cosmo che, con Girolamo Dal Vera, presenta anche le altre realizzazioni nel frattempo portate a compimento in rifugio.

Ampio risalto viene dato all’evento da “Il Gazzettino”, “Lo Scarpone”, “Le Alpi Venete” (Autunno/Natale 1958, pagg. 158/159) ed altri periodici quali la “Gazzetta dello Sport”.

Così, da 50 anni, la chiesetta meravigliosamente inserita nell’ambiente dolomitico del Col Negro di Pelsa, al cospetto delle pareti sud delle Torri Venezia e Trieste (estremità meridionali della Valle dei Cantoni) costituisce un luogo di preghiera per i credenti e, per gli altri, un’occasione di meditazione e ricordo di coloro che, in cento anni, hanno perso la vita tra le crode della Civetta e di tante altre montagne.

 

Nota - Le lapidi all’interno della chiesetta attualmente sono quattro,collocate rispettivamente nel 1958, 1975, 1988 e 2003. I caduti ricordati sono 81, provenienti da una decina di stati europei: Italia (41), Germania (27), Polonia (4), Austria (2), Rep.Ceca (2), Francia (1), Svizzera (1), Georgia allora URSS (1), Ucraina (1), più uno la cui provenienza non è ben definita. Nella ricerca dei nomi riportati nelle tre ultime lapidi è stata determinante la collaborazione delle Stazioni di Soccorso Alpino e Speleo di Alleghe, Agordo e Valzoldana.

 

1 – “Bocia” è la guglia, alta circa 40 m, facente parte del gruppo inferiore degli Aghi di Pelsa, che si trova tra la guglia dell’allora “XLIII Legione Alpina Piave” (ora Guglia Rudatis) ed il “Campanile di Brabante”. Quest’ultimo è stato salito in prima assoluta il 2.9.1933 dalla cordata composta da Leopoldo del Belgio (figlio di Alberto I°), Carlo Franchetti, Domenico Rudatis, Giovanni Andrich e Attilio Tissi (capocordata).