Altri tempi, altri problemi ...
Ovvero: come si andava in montagna nell'ultimo dopoguerra
di Tomaso Pizzorni - CAI Conegliano 2006
Quanti degli attuali soci si adatterebbero alle situazioni logistico-organizzative, necessariamente adottate dalle sezioni per portare in montagna le comitive delle gite sociali nel 1946?
In quel periodo, per programmare una sia pur minima attività escursionistica o
alpinistica, bisognava poter disporre almeno di biciclette, che non tutti
avevano, o delle pochissime auto personali di qualche privilegiato, cosa ancora
più rara.
Come alternativa avrebbero dovuto esserci i
mezzi pubblici (se e quando funzionavano) o i mezzi di emergenza autorizzati,
non facilmente reperibili per via delle note restrizioni post-belliche.
Conferma di ciò si ha dal testo di una
lettera, non datata, ma risalente al 45/46, inoltrata dalla nostra sezione ad un
non meglio identificato “Comando”. Eccone uno stralcio:
“...Questa sezione sarebbe disposta ad assumersi l’onere di un mezzo di
trasporto proprio se questo spett. Commissariato fosse disposto a cederlo fra i
tanti di preda bellica”.
“...Occorrerebbe un camion di media portata che la sezione potrebbe agevolmente
attrezzare per trasportare le sue comitive dai centri di partenza alla base per
ascensioni alpinistiche, riducendo così alle spese vive il costo del
trasporto...”
E ancora, una lettera del 2 gennaio 1946:
“...questa sezione C.A.I., per svolgere la sua attività alpinistica, deve
organizzare delle gite e il suo programma è quasi sempre ostacolato dalla
difficoltà dei mezzi di trasporto...”
“...essa vorrebbe usufruire di un camion opportunamente attrezzato...”
“...si prega Codesto Circolo a voler comunicare, con cortese sollecitudine, come
è possibile ottenere che un camion convenientemente attrezzato possa ottenere
l’autorizzazione a trasportare persone..., naturalmente per la sola sezione...”
Ecco la risposta, più che sollecita, del 9
gennaio 1946; “...il trasporto di persone con autocarri può essere autorizzato
solo se gli autocarri stessi risultino opportunamente attrezzati con panche
fisse, muniti di catene di sicurezza per impedire l’accidentale apertura delle
sponde e provvisti di adatti montatoi...”
L’impiego di questi mezzi d’emergenza,
quendo ottenibili, era adottato da associazioni e gruppi, C.A.I. compreso. Ad
esempio la sezione di Venezia-S.S.Sosav, informava che la gita al Rifugio
Vazzoler del 4 agosto 1946 sarebbe stata effettuata “con un camion da 34
partecipanti”!
E per chi intendeva servirsi dei mezzi
pubblici c’era sempre l’incertezza di trovarli. In proposito, così rispondeva la
sez. di Conegliano alla sez. di Ferrara che richiedeva notizie sul funzionamento
del rifugio, sulle tariffe applicate e sui trasporti (lettera del 16 aprile
1946): “...è un po’ prematuro dire come potranno funzionare le comunicazioni
ferroviarie da Padova ad Agordo; credo che per allora funzionerà la linea
Padova-Belluno ed in questo caso potrete andare in treno fino ad Agordo; da qui
avrete la corriera (?) fino a Listolade che dista solo 3 km da Agordo...”.
Per inciso, non è da dimenticare che la
maggior parte delle “carrozze ferroviarie” allora in uso da parte delle FFSS
portavano la dicitura “Cavalli 8-Uomini 40”, non avevano le panche, come
montatoio c’era solo una barra di ferro, erano prive di luce: insomma si
trattava delle vecchie tradotte militari utilizzate, dopo l’8 settembre 1943,
per le deportazioni in Germania. E ben si prestavano, poichè le uniche ampie
porte scorrevoli si chiudevano solo con un gancio esterno. All’epoca la nostra
sezione non ebbe l’assegnazione del mezzo richiesto. Comunque per un certo
periodo le gite si effettuarono con i camion della ditta Bareato (produttori di
ghiaccio), oppure della ditta Martellato. Le “corrierette” vennero dopo.
Altro che pullman granturismo!